Da sempre indipendenti dalla politica, consideriamo un nostro dovere valutare l’operato amministrativo di chi ha già governato sulle tematiche che ci riguardano. Qui di seguito alcune riflessioni di Ciclobby, da noi condivise, sulla candidatura di Albertini, a governatore della Lombardia.
Gabriele Albertini ha da alcune settimane sciolto le riserve inizialmente espresse, accettando di candidarsi a governare la Regione Lombardia. Ci sono persone che vengono considerate da qualcuno indispensabili per la politica, circondate da un’aura di autorevolezza, e allora è giusto confrontarsi con queste esperienze, per ciò che possono dare alla comunità, e per ciò che, magari, hanno già dato.
Albertini ha dichiarato che «la candidatura ricalca l’esperienza di governo al Comune di Milano».
Non essendo del tutto chiaro se si tratti di una promessa o di una minaccia, poiché per molti di noi il ricordo di Albertini è legato proprio alla sua esperienza come sindaco di Milano per un doppio mandato (dal 1997 al 2006), e soprattutto a quella di sindaco-commissario, dotato (dal 2001 al 2006) di poteri straordinari di nomina governativa per la gestione dell’emergenza traffico, riteniamo doveroso fare opera di memoria, contro le facili amnesie, richiamando qui alcuni fatti a nostro parere rilevanti.
Albertini sindaco, che con apparente modestia usava definirsi «amministratore di condominio», era colui che, di fronte all’incombere dell’emergenza smog, suggeriva alle famiglie di tenere a casa i bambini e gli anziani.
Albertini sindaco era colui che, davanti alla inarrestabile invasione del fiume di auto nella nostra città pronte ad occupare ogni interstizio, riteneva di dover tollerare la sosta delle automobili sui marciapiedi, con un malcostume che ancora oggi dura a morire.
Ad Albertini sindaco va ricondotto quello scellerato Piano parcheggi che ha portato a sforacchiare la città, con opere talvolta inutili e perfino dannose, e che, come frutti di un albero avvelenato, in molti casi ancora pendono minacciose sul presente e sul futuro di Milano. Parcheggi “a rotazione” pensati anche per il centro della città, come ulteriore elemento attrattore del traffico, persino in luoghi simbolici di Milano, attraverso l’affidamento a privati dell’esclusiva della progettazione, costruzione e gestione, con il sistema del project financing (e dunque con l’alibi di non gravare sulle esangui casse pubbliche), senza che i cittadini potessero dire, eccepire o suggerire alcunché.
Basti citarne solo alcuni a titolo di esempio e monito.
Così, vale la pena ricordare la lunga, interminabile odissea della Darsena di Milano, sotto il cui monumentale bacino il commissario straordinario al traffico, Gabriele Albertini, aveva deciso, in totale deficit di democrazia e respingendo ogni tentativo di dialogo con comitati civici e associazioni, la realizzazione di un parcheggio da oltre 700 posti, aprendo una delle più accese battaglie civili e legali di questi anni nella nostra città.
Sorte non dissimile a quella del parcheggio accanto alla Basilica di Sant’Ambrogio, nell’area antica del cimitero dei martiri, che oggi la nuova Giunta non cancella, come dovrebbe e forse pure vorrebbe, a causa delle penali da pagare ai costruttori che graverebbero sul già martoriato bilancio comunale.
E ancora piazza Bernini, ormai da alcuni anni spogliata delle belle sofore che la caratterizzavano e ridotta ad uno spiazzo informe e malinconico per un progetto fondato su carte falsificate, reiteratamente bloccato dalla magistratura e destinato (pare ormai certo) a non essere realizzato. L’elenco potrebbe continuare.
Nonostante i poteri straordinari di cui era stato investito come commissario di nomina governativa, e in relazione al cui esercizio beneficiava di un ulteriore compenso economico, la posizione gravemente omissiva di Albertini sul fronte della lotta all’inquinamento atmosferico di Milano non ha avuto eguali. Nonostante la situazione di Milano al riguardo fosse accertata, proprio durante il suo mandato, gravissima e notoria a livello europeo, egli mise viceversa in atto azioni che erano di segno assolutamente opposto alla direzione che avrebbe dovuto percorrere (salvo seguitare poi a dare consigli ai suoi successori, ad esempio sul tema della congestion charge, che lui si era guardato bene dal realizzare). Quei poteri straordinari conferitigli dal Governo non servirono dunque a migliorare la mobilità sostenibile della città, e poco o nulla fece per quella ciclistica.
Anzi, proprio a proposito della mobilità ciclistica, ricordiamo che, nei quasi dieci anni di mandato, Albertini si vantò di avere raddoppiato la rete ciclabile cittadina, passando da 35 a circa 70 km (alla vertiginosa velocità di 3,5 km all’anno: wow!). Ma senza riuscire ad ammettere che quei chilometri erano (e sono) in realtà figli di una visione miope ed insensata, a volte privi di una vera regia pubblica (nati come scomputo oneri di urbanizzazione), totalmente spezzettati, spesso inservibili, se non addirittura inutili. Dunque, un vero e deplorevole spreco di risorse!
Tutto questo, nonostante forte e chiara fosse la richiesta di una fetta consistente dell’opinione pubblica milanese, e certamente non solo di Fiab Ciclobby. Ricordiamo su questo anche l’esperienza del Comitato di Salute Pubblica che, insieme a Dario Fo e Franca Rame, raccolse intorno a sé migliaia di cittadini in una iniziativa culminata con una grande manifestazione di piazza contro lo smog.
Per non dire poi della mortificazione a cui furono condotte le assemblee rappresentative dei cittadini, consiglio comunale e consigli di zona, che, sui temi della mobilità e dell’ambiente, furono sistematicamente scavalcate, in forza dell’investitura dei poteri di nomina governativa del sindaco-commissario.
Anche dal punto di vista del consumo di suolo e dello sviluppo urbanistico della città, il mandato del sindaco Albertini va ricordato per alcuni primati non particolarmente positivi: Milano è una delle città più densamente abitate in Europa e la destinazione delle aree dismesse all’interno della città (si vedano in tal senso gli interventi urbanistici in zona Fiera e Portello) per la costruzione di importanti cubature ha definitivamente cancellato la possibilità di realizzare un rapporto fra aree costruite e aree verdi indispensabile per la salute e la qualità della vita.
Queste alcune note, certamente parziali e non esaustive, perché è giusto non dimenticare.
E occorre che sia inequivocabilmente chiaro che non si tratta di una posizione legata a calcoli di schieramento, o di convenienza politica (a favore di questa o quella tra le parti in gioco), ma di una valutazione legata alla persona indicata e al modo in cui essa ha interpretato in passato un ruolo pubblico importante quale quello di primo cittadino di Milano.
Tutti possono cambiare nel tempo. Ma, per poter fare delle prognosi del futuro, non si può prescindere dal passato.
Al candidato Albertini (come a tutti gli altri che si apprestano a partecipare alla competizione per il rinnovo del governo regionale), a prescindere da quelli che saranno gli esiti della campagna elettorale, sarà bene chiedere sin da subito impegni chiari e precisi, anche rispetto ai temi dell’ambiente, della mobilità sostenibile, dello sviluppo di una rete ciclabile e cicloturistica regionale. Senza deleghe in bianco. Perché le leggerezze sopra ricordate, commesse da Albertini nei suoi due mandati amministrativi come sindaco, non sarebbero ora più tollerabili: quale che sia lo schieramento di appartenenza, oggi più che mai è doveroso pretendere una buona politica, che sia credibile, attenta all’interesse pubblico, aperta al confronto e alla partecipazione, e chiaramente improntata ad uno spirito di servizio civico.
A maggior ragione rispetto a chi si candida alla presidenza di una delle regioni più importanti d’Europa, nell’area più industrializzata del nostro Paese.
E tanto più quando si pretende, da parte di autorevoli figure della vita pubblica attuale, di accreditare ritratti agiografici che lasciano molti alquanto dubbiosi.
Eugenio Galli (presidente Fiab Ciclobby onlus)
Anna Gerometta (Genitori Anti Smog)
Emilia Dragonetti