Pubblichiamo un articolo di Francesca Ciuffini, ingegnera ed esperta di mobilità sostenibile, che tratta il tema più controverso della Città 30 ossia i tempi di percorrenza. L’idea che abbassare il limite in città da 50 km/h a 30 km/h comporti un allungamento del percorso e quindi una maggiore congestione è difficile da sradicare ma studi ed esperienze dall’estero dimostrano che tale allungamento è davvero minimo, a fronte dei benefici indiscussi di questo strumento urbanistico.
“Mi voglio soffermare sul tema tempi di percorrenza, che è uno degli argomenti del contendere: di quanto si allungano se si abbassa il limite? Dipende da quanto è lungo il percorso e da quanto riusciremmo a stare sopra i 30. Un conto è di notte, un conto se siamo rallentati da traffico, semafori e code.
Ho fatto un piccolo esperimento con il tracking di un tragitto in auto, andando alla massima velocità consentita ogni volta che era possibile (Padova, giorno lavorativo, 8 AM), per mettere a fuoco i termini del problema con un esempio concreto: 4,99 km in 24’30’’ (6’ di quali fermi). Velocità media 12,2 km/h (soste incluse), velocità media in movimento 15,8.
Ho fatto un po’ di calcoli: l’abbassamento del limite di velocità avrebbe di fatto “tagliato”, in queste specifiche condizioni di traffico, solo la parte la parte emersa dell’”iceberg della velocità”, cioè le parti rosse sopra i 30, con un allungamento di 24 secondi in 5 chilometri..
Caso puntuale e Padova non è Bologna e magari è stato un giorno particolarmente sfortunato, ma questo esempio reale mi serve per poter rimarcare un concetto: il traffico già rallenta chi va a lavorare, spesso più del limite di velocità, poter andare a 50 in molti casi è un’illusione, è la possibilità di poter “sgasare” quando scatta il verde, senza reali benefici e con pericolosità per le persone.
E di notte? Abbiamo un massimo (assolutamente teorico) di quasi 4 minuti persi ogni 5 chilometri, in totale assenza di traffico ma anche senza semafori e, of course, rispettando i 50.
Da una manciata di secondi a meno di 4 minuti ogni 5 km, che è più o meno il raggio della zona 30 a Bologna: quand’è che scatta il danno per chi lavora e il provvedimento diventa “vessatorio”? Quale aggravio di tempo non è più tollerabile, anche se messo in confronto con la possibilità di salvare delle vite umane?
Guardiamo ai possibili effetti (che non ho considerato nei calcoli). Oltre alla maggiore sicurezza stradale e anzi proprio per la maggiore percezione di sicurezza, può crescere il vantaggio competitivo dell’andare a piedi o in bici sulle distanze brevi. Questo può scaricare sia i bus (con più spazio e maggior confort per chi viene da più lontano), sia le strade (velocizzando gli stessi bus) e può innescare fantastici circoli virtuosi che via via possono fluidificare il traffico, anche a vantaggio di chi è costretto ad usare la propria automobile in assenza di alternative, su distanze lunghe e in assenza di trasporto pubblico.
Il tutto può essere ulteriormente potenziato se, auspicabilmente, aumentano anche i servizi di trasporto pubblico, che con meno traffico può diventare, oltre che più attrattivo, anche economicamente più efficiente.
Città30 non è solo un limite di velocità: è una “cornice” di soluzioni e un progetto trasformativo per rendere le nostre città più sicure, vivibili, efficienti ed eque.