MOBILITA’: UN RACCONTO DALL’ESTERO

Si dice che gli italiani siano sempre un po’ esterofili…noi pensiamo che in materia di mobilità non solo sia giustissimo ammirare l’estero ma che sarebbe anche ora di imitarli e fare quello che fanno loro.

In Italia l’uso dell’auto è ormai sempre più slegato da una reale necessità di trasporto. Se in città una persona ha bisogno di fare 1 km di distanza, può pacificamente muovere un veicolo che pesa qualche tonnellata e misura qualche metro senza incontrare limiti, in primis culturali, che rivelino quanto questo mezzo sia assolutamente sproporzionato rispetto alla sua vera esigenza.

E dunque il paradosso è sempre lo stesso: non solo in città c’è libertà assoluta di usare i mezzi più inquinanti, più ingombranti e più pericolosi ma chi li usa ha anche più diritti di tutti. Ha più strada a disposizione, più spazio, più diritto alla velocità.

Ma all’estero la cultura della mobilità è ancora così?

Riportiamo qui il post di Omar di Felice, che su facebook ha pubblicato un testo che condividiamo al 100%.

Viaggio costantemente all’estero dall’inizio degli anni ‘2000 (e il più delle volte in bici) e la velocità con cui sto vedendo cambiare il volto delle città europee è inversamente proporzionale all’immobilismo di quelle italiane.

Prima che qualcuno si agiti con la solita affermazione su “beh ma sei in nord Europa, troppo diverso da noi…” vi chiarisco un concetto: le immagini si riferiscono a città francesi, nostri cugini “mediterranei” che, esattamente come gli spagnoli, lavorano su mobilità e sicurezza stradale da anni.

Partiamo da un concetto:
la CITTÀ DEVE TORNARE A ESSERE A MISURA D’UOMO.

E prima che vi sprechiate a dire “eh ma hai fatto un esempio di città diversa dalle nostre per grandezza etc” vi dico che ciò accade in città medio-piccole come Grenoble, medie come Lione o metropoli come Parigi. Il modello è scalato e rapportato ad ogni realtà!
(Più in generale in Europa funziona così dal piccolo villaggio alla grande capitale senza eccezioni)

La prima immagine parla chiaro: il simbolo scelto è una bicicletta posta davanti ad una automobile.
Questa è la barriera mentale da superare. Quella barriera senza cui non smetteremo di pensare agli spazi come esclusiva delle automobili.

Qui trovate alcuni esempi di:

SENSI UNICI in cui le biciclette possono circolare in doppio senso: la strada è dei più deboli e i più “grandi” devono andare così piano e stare così attenti da dover decidere, a un certo punto, di cambiare mezzo di trasporto.

PARCHEGGI: vengono tolti per far spazio a dehor e aree pedonali. E per quelli che “se mi levi i parcheggi la mia attività commerciale ne risente” vi prego di andare a leggere gli studi. Tutte le città pedonali hanno visto incrementare i profitti dei negozianti! Semplicemente perché in città a misura d’uomo le persone passeggiano in relax, si fermano, comprano, dialogano, “vivono” la città in ogni senso.

DIVIETO DI SORPASSO: per quelli che “toglietevi che siete di intralcio” non solo il metro e mezzo è inserito in cds ma, in alcune strade e’ tassativamente VIETATO sorpassare.

CORSIE AUTO RIDOTTE: gli spazi sono di pedoni ciclisti e utenti leggeri. In auto devi avere meno spazio. Sei il più inquinante, il più ingombrante, il più pericoloso, ergo devi essere ridimensionato.

VELOCITÀ 20/30: mentre in italia dibattiamo dei “limiti per fare cassa” (la baggianata dell’italiano medio insofferente alle regole) nelle città del mondo intero le auto vengono obbligate a procedere a passo d’uomo. E non c’è discussione in merito: a 20-30 km/h un investimento di pedone o ciclista può ancora risultare non letale. Oltre questo limite si uccide o si offende gravemente. È un dato, non una chiacchiera becera da bar.

Potrei continuare con questa lista all’infinito, e non mi interessa istituire una discussione in merito: qui non c’è nulla di cui discutere, non ci sono opinioni diverse da rispettare.

È ora che vi mettiate in testa che non siamo tutti uguali in strada e che il rispetto non è simmetricamente reciproco ma deve partire dalle categorie pesanti verso quelle più leggere. Io in bicicletta o a piedi devo avere spazi e libertà di azione maggiore, così come le mie tutele e i diritti devono essere maggiori.

Io, utente leggero, se mi colpisci, muoio in strada.

Qui l’unico rispetto che bisognerebbe iniziare ad avere è quello per la vita altrui.
Poter esprimere l’idea che si debba usare la strada come una pista di formula uno e che le città siano preda del traffico veicolare non è democrazia ma stupidità atavica.

Omar di FeliceExtreme Pro cyclist, Arctic explorer, Planet lover

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